Ricorre quest’anno il quarantesimo anniversario del primo viaggio compiuto da Karol Wojtyla in Polonia (2-10 giugno 1979), otto mesi dopo la sua elezione a Pontefice della Chiesa di Roma.
E sempre quest’anno ricorre il trentesimo anniversario di altri importanti fatti e avvenimenti che si sono svolti nel 1989: a febbraio si concluse il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan; a marzo nella Russia di Gorbaciov si svolsero elezioni più o meno libere per il Congresso dei Deputati del Popolo, l’organismo che aveva preso il posto del Soviet Supremo; in aprile il sindacato Solidarność fu legalizzato in Polonia; a maggio gli studenti cinesi occuparono piazza Tienanmen e qualche giorno dopo due milioni di cittadini sfilarono per le vie di Pechino; a giugno i risultati elettorali in Polonia segnarono la fine di ogni legittimazione al potere per la coalizione a guida comunista e la nazione voltò pagina; in agosto l’Ungheria cominciò a uscire dalla cortina di ferro; a novembre cadde il Muro di Berlino; a dicembre una folla immensa partecipò a Mosca ai funerali di Andrej Sacharov e in Romania la rivolta popolare riuscì ad abbattere il regime comunista.
Poi, a seguire, Cecoslovacchia, Jugoslavia e la stessa Unione Sovietica spezzarono le catene del socialismo reale, e finì un’epoca. Fra i protagonisti di quegli avvenimenti c’è Lech Walesa, elettricista nei cantieri navali di Danzica e poi attivista per l’unità della Polonia. Licenziato nel 1976, diventa leader politico e nel 1980 firma uno storico accordo con il governo comunista di Varsavia, ottenendo il riconoscimento di importanti diritti sindacali.
Nasce così Solidarność, un sindacato indipendente che, grazie anche agli aiuti economici ed al sostegno dell’Occidente, assume la guida della protesta e consente alla Polonia lo svolgimento di elezioni libere. Siamo nel mese di giugno del 1989; solo qualche mese dopo, a novembre, cadrà il Muro di Berlino e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) si avvierà verso il dissolvimento.
Premio Nobel per la Pace nel 1983, Walesa è eletto presidente della Repubblica nel 1990 e svolge un ruolo determinante nel processo di transizione della democrazia in Polonia.
Nel corso di uno dei suoi numerosi viaggi per il mondo, Lech Walesa arriva in Calabria su invito dell’Associazione “Amici della Riconciliazione” di Conflenti. Venerdì 18 dicembre 1998 scende all’aeroporto di Lamezia, ospite della comunità cristiana e del Comune di Conflenti, ed il giorno dopo, il 19 dicembre, nel santuario basilica di Maria SS. della Quercia di Visora, ritira il Premio Nazionale della Riconciliazione, alla presenza del sindaco Giovanni Paola, del vescovo mons. Rimedio e del sacerdote don Adamo Castagnaro.
«Sono stato in un piccolo paese nel cuore della Calabria, dove sono stato accolto in modo molto originale e dove ho ricevuto un piccolo premio Nobel», dirà qualche giorno dopo il leader polacco.
Ho incontrato Lech Walesa la sera stessa del suo arrivo, a Lamezia, mentre ero in compagnia di Henryk Litwin, Capo dell’ufficio consolare dell’ambasciata di Polonia a Roma, e poi il giorno dopo a Conflenti, dove sono stato chiamato a presentare l’incontro sul tema “Lavoro e solidarietà”, svoltosi alla presenza di un folto pubblico di studenti, sindacalisti, cittadini e amministratori locali. Poi, in privato, ho avuto l’opportunità di rivolgergli alcune domande, ottenendo risposte precise e circostanziate.
Colgo l’occasione della ricorrenza del trentesimo anniversario delle prime elezioni libere della Polonia, e della successiva caduta del Muro di Berlino – eventi simbolo di quegli anni – per riproporre ai lettori alcuni brani di quell’intervista. Molte risposte toccano argomenti che ancora oggi rivestono carattere di grande attualità. E ricordo che il 4 giugno 1989 la vittoria elettorale del Comitato Civico creato da Solidarność è stata travolgente: 99 senatori su cento, e la totalità dei seggi della Dieta messi in palio in quella tornata.
Nell’intervista – fra l’altro – Walesa dice che «senza Solidarność non sarebbero state possibili la Glasnost e la Perestrojka». E infatti, mentre il governo polacco risponde agli scioperi con aumenti salariali da un lato, arresti e minacce dall’altro, attuando la strategia del bastone e della carota e ottenendo dal parlamento i poteri speciali, l’incontro tra il capo del Cremlino e gli operai polacchi «non si svolge come aperta sfida» – scrive Vincenzo Bova, professore ordinario Unical – e Gorbaciov trasforma la sua visita ai cantieri navali di Schettino in un «tentativo di incontro attorno ad una parola e ad un’esperienza – perestrojka – cui da ambo le parti si guarda con positiva attesa».
Quella che abbiamo fin qui descritto è la Polonia che ha vissuto da protagonista – anzi, in alcuni casi ha determinato – gli eventi in quel finale di tempo che uno dei più grandi storici della nostra epoca – Eric J. Hobsbawm – ha definito il Secolo Breve. Perché, in occasione della visita di Wojtyla, «per la prima volta da decenni la gente – credenti e non credenti – si trovò insieme, in comunione, libera. Riscoprì la propria dignità. Non fu contro il regime. Semplicemente, il regime sparì dalla prospettiva. Come la sporcizia sul vetro di una macchina tolta dal tergicristallo», scrive anni dopo su L’Osservatore Romano Andrzej Koprowski.
Nello stesso articolo il giornalista rievoca un episodio emblematico, quando il Papa «salutò i pellegrini provenienti dalle diverse parti del blocco sovietico, menzionò i lituani, i cechi, gli slovacchi, i croati, gli sloveni, i moldavi, i russi, i bulgari, gli ucraini, i serbi lusaziani»; poi sottolinea che «oggi non ricordiamo il clima politico e non è facile capire come queste parole portarono non solo conforto alle rispettive popolazioni, ma provocarono anche la rabbia politica del “grande fratello”»; e infine rivela che «il cardinale Stefan Wyszynski ascoltava con un sorriso e diceva a bassa voce: “Karolku, Karolku, stai attento. Fermati. Non fare un passo di più…”» (L’Osservatore Romano 10 giugno 2009).
Oggi la Polonia è diversa. Non c’è più «una Polonia pluriculturale e multietnica». Il modello di un cattolicesimo che dialoga con chi non è cattolico appare superato. Anzi! È un Paese che ci ha regalato «perfino il rifiuto di accogliere i profughi siriani qualche anno fa, in quanto musulmani». «Varsavia dimentica Wojtyla», titola il settimanale L’Espresso pubblicando un articolo di Wlodek Goldkorn; e poi precisa: «Quarant’anni dopo l’elezione di Giovanni Paolo II il suo paese ha tradito l’insegnamento e i valori del “papa eroe”» (L’Espresso 31 ottobre 2018).
È un Paese che ha cambiato pelle e che, assieme a Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, forma il gruppo di Visegrád, un’alleanza nata per rafforzare la cooperazione e la collaborazione tra i quattro governi e diventata invece, negli ultimi anni, il luogo dove si elaborano e si sostengono posizioni euroscettiche e sovraniste e dove si assumono e si mantengono posizioni rigide in tema di immigrazione, rifiutando persino le quote stabilite in Europa.
In questo nostro tempo che segna l’inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio, non guasterebbe ricordare e osservare gli avvenimenti di un passato recente che ci invita a fare tesoro delle esperienze, per comprendere e mettere in campo atteggiamenti, comportamenti e modalità di risoluzione dei problemi che in Europa sono serviti a condizionare e governare i processi in una delle fasi più delicate della storia del Novecento.
di Armando Orlando
L’intervista di Armando Orlando a Lech Walesa, realizzata a Conflenti (Cz) in occasione della consegna del Premio Nazionale della Riconciliazione e pubblicata sul periodico «#Diesis. Giornale di informazione artistico-culturale» – Anno IX, n. 1/1999
Domanda) Come vede il futuro del mondo dopo la caduta del muro di Berlino?
Risposta) In passato, con l’esistenza di due blocchi contrapposti, esisteva un controllo maggiore sui governi delle nazioni. Oggi non riusciamo a trovare una risposta sul profilo da dare al nuovo secolo. Il mondo è alla ricerca di una soluzione originale. Per questo dobbiamo ancora discutere e confrontarci. Tenendo presente che la guerra non ha mai risolto i problemi dell’umanità e che il sistema capitalistico deve trovare elementi di solidarietà che consentano di diminuire il livello di povertà nel mondo.
Domanda) Qual è stato, a suo parere, il ruolo svolto dal Papa nella caduta del comunismo?
Risposta) Senza il sostegno di papa Wojtyla non sarebbe nata Solidarność. E senza Solidarność non sarebbero state possibili la Glasnost e la Perestrojka.
Domanda) Come sono i suoi rapporti con Mikhail Gorbaciov e come giudica in sintesi la sua azione politica?
Risposta) Con Gorbaciov i rapporti sono buoni, ci incontriamo spesso e anche lui, come me, ha creato una Fondazione che è molto attiva nel mondo […] Riconosco la funzione da lui svolta nel crollo dei muri e nella costruzione di una Casa Comune, però penso che abbia iniziato tardi le riforme.
Domanda) Cosa pensa dell’ideologia comunista e come giudica l’ex partito comunista italiano?
Risposta) Il comunismo ha provocato nel mondo milioni di vittime e ha rovinato intere nazioni […] Il partito comunista che avete conosciuto voi in Italia non è stato certo uguale al partito comunista che abbiamo avuto noi in Polonia.
Domanda) Nel 1991 il generale Jaruzelski mette in prigione Walesa per proteggerlo dai carri armati sovietici oppure per punirlo perché si era spinto troppo in avanti nel processo di democratizzazione della Polonia?
Risposta) La distanza tra me e Jaruzelski è stata enorme perché rappresentavamo due mondi diversi e inconciliabili. Mentre ero in prigione hanno cercato più volte di corrompermi, ma io ho superato tutto con la fede. Io so che qualcuno in Italia dice che Jaruzelski ha salvato la Polonia dall’invasione. Ma questo non è vero, e la verità comincia a venire fuori. Per le sue azioni, il generale rischia oggi anche un processo.
Domanda) Cosa pensa in generale della classe politica?
Risposta) La principale preoccupazione degli uomini politici non è quella di servire il popolo, ma di apparire. Molti coltivano il culto dell’immagine e trascurano i bisogni della gente. Per questo i discorsi con i politici sono spesso noiosi.
Domanda) I sindacati hanno un futuro?
Risposta) Certo. Non si può buttare un uomo per strada perché ci sono le macchine. Il mondo va nella direzione sbagliata. Le macchine sostituiscono gli uomini. Dovremo lavorare di meno per dare un lavoro a tutti. Non c’è altra via. Il sindacalismo non è morto. Però bisogna tenere presente che ogni discussione è valida se alla fine si arriva a scegliere le cose più importanti.
Domanda) Cosa dice Walesa ai giovani oggi?
Risposta) Oggi i giovani si rassegnano. Io quando vedevo le cose che non andavano, entravo e cercavo di modificarle. Cercatevi a vicenda, dialogate, confrontatevi, organizzatevi e combattete. Oggi il mondo soffre perché c’è poca partecipazione dei giovani. Quando non si è contenti delle strutture partecipative, dei sindacati o dei partiti, e quando non ci sono possibilità di cambiamenti perché non vi ascolano, allora uscite e formate nuove strutture per modificare la società.
Domanda) Di cosa si occupa lei oggi?
Risposta) Sono spesso in giro per il mondo. Discuto e mi confronto con capi di Stato ed ex governanti. Con alcuni Premi Nobel per la Pace – il sudafricano F. De Klerk, l’americano H. Kissinger – ed altri abbiamo formato un comitato per mettere al servizio dell’umanità il nostro lavoro, le nostre esperienze e il nostro pensiero. Agli imprenditori chiedo di creare lavoro, parlo ai giovani perché a loro sono affidate le sorti di questo mondo, e con i politici faccio ogni sforzo per convincerli a cambiare le cose.
Domanda) Perché porta sempre sul petto l’immagine della Madonna?
Risposta) Questo non è un gioco e con queste cose non si scherza. Io non avrei mai fatto una cosa del genere senza motivo. Conservo da sempre al collo una medaglietta della Madonna e questo poteva bastarmi. Ma nel 1980 è successo un fatto strano. Mentre erano in corso gli scioperi a Danzica, un gruppo di pellegrini porta nei cantieri un’immagine della Madonna che era stata benedetta nel santuario di Czestochowa dal cardinale Wyszynski, primate di Polonia. Qualcuno appunta sulla mia giacca quell’immagine, e la scena viene ripresa dalle televisioni di mezzo mondo. Da allora ho deciso di portare sempre con me l’immagine benedetta da Wyszynski.