di Maria Marino –
25 novembre: Giornata contro la violenza sulle donne. Ne vogliamo parlare? Parliamone.
Parliamo delle tante donne uccise per mano degli uomini che dicevano di amarle?
No. Se ne parla già abbastanza e la legislazione comincia a dare buoni segni di progressione verso pene più severe, allontanandosi sempre di più dal quel retroterra culturale che era il “delitto d’onore”, finalmente si parla di “delitto contro la persona” e via dicendo… certo, vai a farlo capire alle culture “altre” arrivate in occidente o a coloro che, stanche dell’ipocrisia sociale occidentale, decidono di ritornare indietro abbracciando le opinioni culturali altrui.
Parliamo della rabbia degli uomini che non accettano un rifiuto e decidono di bruciare o sfregiare con l’acido l’oggetto del proprio nefasto desiderio?
No. Se ne parla sempre troppo e spesso senza alcun rispetto per le loro vittime che, comunque sopravvissute, decidono di vivere il loro incubo peggiore al riparo dalle luci della ribalta, magari ricercando una quotidianità semplice e pacata, con l’aiuto di persone specializzate e circondate dall’amore della propria famiglia; quelle che cambiano canale, se qualcuna decide di raccontare pubblicamente la propria vicenda, per non riviverla ancora, ancora e ancora: allontanare il macabro ricordo è sempre una cosa difficile e riviverlo nelle parole di un’altra, non aiuta affatto.
Parliamo delle “Spose Bambine” o della volontà di qualcuno di legalizzare lo stupro sulle minori? O della infibulazione, che oggi pare venga praticata in segreto (mica tanto) anche nell’occidentalissima Italia?
Parliamone… e pure tanto!
Le bimbe, fiori candidi della terra, considerate oggetto di soddisfazione d’istinti sessuali deviati e strumenti di procreazione, in barba allo sviluppo fisico immaturo ed ai valori universalmente sanciti da Carte Internazionali, ma evidentemente non condivisi universalmente.
Vergognosa esperienza, peggio ancora delle nozze statuite tra le famiglie. Ma la diversità delle culture rende vane ed inutili le motivazioni addotte nelle diverse tesi e nelle diverse posizioni assunte di fronte ad una tale ingiustizia sociale e morale; pratiche degradanti ancor di più perché socialmente condivise da interi popoli, della serie “perché così si fa!”. Cosa c’è di peggio di pratiche tanto violente, inferte dalla stessa famiglia ad una creatura che ancora nulla conosce di un mondo così nefasto e crudele?
La scena di un uomo adulto a letto con una bambina è deplorevole (se pensiamo al degrado del turismo sessuale, chi non s’indigna?), ancor di più se perpetrata da pratiche sociali affermate e rivendicate come tradizioni consolidate da secoli.
Ma la violenza nei confronti della donna nei Paesi più sviluppati non è diversa dalla violenza corporea subìta dalle donne in alcuni Paesi cosiddetti “sottosviluppati”; essa assume forme più ipocrite e a volte anche falsamente meritorie, basta chiamarla in modo diverso, più soft e meno cruda, per renderla più facilmente accettabile e più vicina a tutte le altre ipocrite e falsate realtà socio-culturali dell’occidente: discriminazione di genere. Armonicamente è sicuramente meno aggressiva, quasi quasi chic!
Parliamo della differenza di salario tra donne e uomini? Perché c’è differenza tra uomo e donna?
Nella retribuzione si: le donne guadagnano il 10,9% in meno, dato che sale al 36,3% tra i laureati e scende al 10,0% tra i non laureati; sempre a parità di mansioni e secondo il Gender Gap Report, rispetto al 2014, nel 2016 il gap è cresciuto ulteriormente, infatti mentre gli stipendi degli uomini sono saliti dello 0,6% quelli delle donne sono stati tagliati dello 0,7%. E meno male che parliamo dell’Italia perché, confrontando la penalizzazione subita dalle donne in Europa, la differenza è tra le meno accentuate. Che fortuna!…va bè…non considerando che nell’ascesa retributiva le donne mantengono una differenza in negativo crescente fino a 11 mila euro di differenza. Sigh!… (da: Il Sole 24 Ore del 2/3/2016, pag.15).
Parliamo della presenza delle donne nei CdA?
Forse la legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei consigli di amministrazione ha permesso di aumentare in maniera sostanziale la presenza di donne nei cda (dal 6 a quasi il 30 per cento) e, soprattutto, di porre il tema nell’agenda politica e mediatica italiana, aprendo la strada per ulteriori misure correttive e di incentivo, ma ancora molto resta da fare nel sistema aziendale. Molte donne infatti non hanno apportato al sistema grandi cambiamenti di stile nella leadership, negli obiettivi o nei valori secondo la propria diversità, ma si sono adeguate ad un background maschile che riduce il potenziale di diversità alla sola diversità di genere; pochissime ancora sono le posizioni esecutive occupate dalle donne e nessuna delle donne dei CdA si batte per avere maggiore equilibrio ai vertici. A questo si aggiunga che nei livelli junior la donna non è ancora focalizzata sul proprio percorso professionale rispetto agli uomini, e questo rallenta di molto il conseguimento delle tappe della propria carriera.
Parliamo delle presenza delle donne in politica?
Oltre a fare gli auguri di buon lavoro a Wanda Ferro, a cui la recentissima sentenza della Corte Costituzionale ha restituito il maltolto, contribuendo così ad innalzare la presenza femminile nel Consiglio Regionale della Calabria, che finora vedeva la sola presenza femminile della Consigliera Flora Sculco, la presenza delle donne in politica è e resta ovunque un capitolo a parte della storia!
Vediamo i numeri in Italia.
I dati relativi alla presenza femminile negli organi costituzionali italiani hanno sempre mostrato una presenza contenuta nei numeri e molto limitata quanto alle posizioni di vertice. In tale contesto, i risultati delle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 presentano un segnale di inversione di tendenza salita dal 19,5 della XVI legislatura al 30,1 per cento dei parlamentari eletti nella XVII legislatura (la media UE è il 27%).
Nella storia: le donne elette all’Assemblea Costituente, composta da 556 membri, sono state 21 (3,8%); nella XII legislatura (la prima con il sistema elettorale maggioritario e con il sistema delle quote dichiarato poi illegittimo dalla Corte costituzionale) le donne elette alla Camera dei deputati sono state 95, di cui 43 elette con la quota maggioritaria e 52 con quella proporzionale, mentre nella XIII legislatura (senza l’applicazione del sistema delle quote) le donne elette alla Camera dei deputati sono scesa a 70 (rispettivamente 42 e 28). Al Senato sono state elette nella XIII legislatura 26 donne. Nella XIV legislatura le donne elette alla Camera sono state 73. Al Senato le donne elette sono state 25. Le donne elette alla Camera nella XV legislatura sono state 108 (17,1 per cento) e le donne senatrici 44 (13,6 per cento). Nella XVI legislatura sono state elette alla Camera dei deputati 133 donne, al Senato 58. Nella XVII legislatura sono state elette alla Camera dei deputati 198 donne (31,4 per cento), al Senato 92 donne (28,8 per cento). Tra i senatori a vita, solo due volte, nel 2001 e più di recente nel 2013, è stata nominata una donna: la prof.ssa Rita Levi Montalcini e la prof.ssa Elena Cattaneo.
Nessuna donna in Italia ha mai rivestito la carica di Capo dello Stato, di Presidente del Consiglio o di Presidente del Senato; la carica di Presidente della Camera è stata declinata al femminile nelle legislature VIII, IX e X, con l’elezione di Nilde Iotti, nella XII legislatura con l’elezione di Irene Pivetti e nell’attuale legislatura con l’elezione di Laura Boldrini. Nonostante il significativo aumento della presenza femminile nei due rami del Parlamento, nella corrente legislatura alla Camera è presieduta da una donna solo una Commissione permanente su 14 (Commissione giustizia, presieduta da Donatella Ferranti); al Senato sono presiedute da una donna 2 Commissioni permanenti su 14 (Commissione Affari costituzionali, presieduta da Anna Finocchiaro, e Commissione Igiene e sanità, presieduta da Emilia Grazia De Biasi). Nell’attuale Governo, per la prima volta si registra una composizione paritaria: le donne Ministro sono infatti 8; le donne sottosegretario sono 9 su 44 (20,5%); la composizione della Corte costituzionale, solo una dei quindi giudici costituzionali è donna, Marta Cartabia, professore ordinario, nominata nel 2011.
Per quanto riguarda gli organi delle regioni, la presenza femminile nelle assemblee regionali italiane si attesta in media intorno al 15% (nel Consiglio Regionale della Calabria una sola donna); in Italia nessuno dei principali partiti politici è guidato da una donna e anche in Europa si registra un modesto 12%. Nelle autorità amministrative indipendenti, infine, su un totale di 35 componenti attualmente in carica, 8 sono donne (22,9%); Nessuna delle 8 Autorità considerate è attualmente presieduta da una donna. Non sono presenti donne nell’Autorità garante per la vigilanza sui contratti pubblici (4 componenti), nell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni (5 componenti) e nella CONSOB. Solo nell’Autorità garante per la privacy, si registra una maggioranza di donne (3 su 4). (da: La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale Dossier n° 116 – 29 aprile 2014 – Camera dei Deputati Servizio Studi XVII Legislatura)
Parliamo di “difetto di rappresentanza” o di “barriere alla partecipazione delle donne in politica”? Non saprei, fate voi!
I numerosi studi e dibattiti sull’argomento hanno messo in evidenza che l’assenza di donne a livello istituzionale, per i cittadini significa minore probabilità di essere riflesso di un programma politico completo, poiché le diverse forme di comportamenti politici hanno un importante e preciso ruolo da svolgere, secondo le idee dei più grandi ricercatori della democrazia.
I diversi argomenti discussi mostrano come la violenza alle donne ha diverse facce, da quella corporea e materiale della bruta violenza sanguinaria, a quella sofisticata ed ipocrita di una società che nel mentre ne condanna le gesta, ne perpetua la cultura; quella cultura che mette la donna in un angolo, con le spalle al muro a subire decisioni prese da una sola delle parti dell’universo, che non sempre si dimostra la migliore!
Donna, accontentati di ciò che ti è concesso, perché continui ancora, nella sostanza, a non avere diritti, ma solo doveri!
Sei Moglie? Sei Madre? Sei Figlia? Sei sorella? Sei professionista?
Non importa, tu DEVI … il tempo del PUOI è ancora lontano da venire! Sei ancora Proprietà e non Persona, se non nella forma, sicuramente nella sostanza delle pratiche sociali e culturali, da quelle meno sviluppate a quelle più evolute, soggetta ancora e comunque alla cultura dominante: quella maschile!
Maria MARINO
Persona di genere Femminile
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