di Paolo Arcuri –
Ogni paese, ogni luogo si porta dietro le sue storie come accade a Carlopoli ed in particolare riguardo lo storico borgo di Castagna.
Storie che rievocano il nostro passato ma che sono imprescindibili dal nostro presente per ricordarci da dove veniamo. Molte di esse si tramandano nell’oralità di chi indietro nel tempo le ha raccontate, ma che a volte giacciono nel pensiero di ogni singola persona che le ha vissute e aspettano che qualcuno di essi le riporti in vita per farcele conoscere.
È il caso del mio amico Mario Greco che prodigandosi nella scrittura con il libro dal titolo “Figli… di monaci è Briganti”, editoriale Progetto 2000, è riuscito a farci vivere, portandoci al riscontro generazionale, alcuni momenti del vissuto della sua giovinezza. I suoi racconti sono episodi autentici impregnati di allegorie, costumi, mestieri, vezzi e virtù di una volta, tutto s’intreccia e si combina nello scorrere delle pagine, rendendo al lettore l’immagine realistica del vissuto di gente nel secolo scorso nel centro di Castagna.
Personalmente ho sempre apprezzato il dono dell’ironia di Mario e, nella sua stesura ce ne tanta, questo per sottolineare la leggerezza di cui è pregnata la sua narrazione, da cui si delineano la fierezza di figure che rivelano un’umanità antica, la schiettezza di comportamenti umani, il peculiare vivere di molte persone, le difficoltà tangibili di quei tempi. A questo mi lego ricordando le sue vecchie diapositive che in varie iniziative venivano proiettate da lui in paese alle quali io non mancano mai. Più tardi capii la sua perniciosa ricerca dello scatto, la sua vocazione all’impressionismo, che immortala la luce e cattura stati d’animo e portano all’attenzione a chi le guarda a valori immediati e suggestivi.
La sua fotografia è anch’essa secondo il mio avviso pura narrazione, le pagine fotografiche che correlano il libro sono degne di nota perché lo strutturano rafforzandolo. Credo che la sua esperienza di cercare il segno della concretezza attraverso le immagini, sia la chiave del suo approccio alla scrittura, che rende autentica la vita di tanti personaggi che come nella sua fotografia rimarca le fattezze, la cruda realtà in cui vivevano molti cittadini di Castagna. Mario in ogni modo è sempre riuscito a catturare e imprimere sulla pellicola anche note della sua ricercata ironia. Per questo trovo che questo libro anch’esso rispecchi in parte l’immagine delle sue diapositive.
Dalle sue pagine escono proiettati stralci di vita rurale nell’isolamento di un piccolo paese, animato da una sfilza di personaggi folcloristici: bizzarre figure che sembrano uscite dalla trama felliniana di Amarcord. Ho trovato nel suoi racconti qualcosa di geniale, il suo intercalare nel gergo dialettale che da alla sua scrittura una percezione più realistica del racconto, facendo vivere nel vernacolo espressioni colorite, genuine della cultura rurale calabrese.
Finisco con un pensiero di un nostro comune amico, lo scrittore Salvatore Piccoli “…i narratori devono solo narrare gli eventi e dentro questi si celano, ma poi si evidenziano i sentimenti…” in quanto a sentimenti Mario nel suo libro ne ha messo tanti.
di Paolo Arcuri