Insomma, questo Messico.
La bellezza va da sé, è quasi scontata,antiche città sacre Maya affondate nella vegetazione più splendente e lussureggiante che abbia mai visto, deità che rispecchiano il potere degli elementi con cui hai costantemente a che fare, sogni di semidei discutibili e feroci che si affacciano dai colonnati in cima ai templi, per esigere il tributo di oro e sangue da mettere a garanzia del loro potere.
Imbroglioni coltissimi e geniali, li ha chiamati Giorgio, la nostra ultima e preparatissima guida yucateca. Hanno messo le loro capacità di astronomi, fisici e ingegneri al servizio della sete di denaro e opulenza, e hanno escogitato infiniti, sesquipedali trucchi, in questi “pezzetti di paradiso in terra” per tenere il popolo in balia di un fanatismo religioso che ne garantisse il controllo.
Trucchi acustici, tuttora non spiegati,come quello che permetteva al sacerdote guida di battere le mani sulla scalinata di accesso a Uxmal e ricevere in risposta il verso del sacro Quetzal, l’uccello del paradiso.
L’abbiamo sentito con le nostre orecchie.
O quello che consentiva di sentire da una parte all’altra del campo enorme di pelota di Chichen – Itzà, un campo “aperto”, i bisbigli dei cospiratori delle province contro l’autorità centrale, mentre i giocatori ingenui ed esaltati si battevano per vincere e poi essere sacrificati.
Trucchi astronomici e architettonici, come quello che, in occasione degli equinozi, determinava l’illuminazione di un gradino del castillo dopo l’altro, in una progressione di mezzelune di sole che materializzavano il Dio serpente agli occhi del popolo, pronto a privarsi di tutto, persino della vita, per offrirgliela.
Imbroglioni, diceva Giorgio a muso duro dei suoi antenati Maya. Cerco di essere onesto con i miei clienti, a qualcuno dà fastidio, ma la mia è una lettura laica, come sono io.
Che mi chiamo, di cognome, “disceso dal cielo”, concludeva con un sorriso aperto e comunicativo.
Ed è l’impressione più forte che mi è rimasta del Messico, i messicani che ho conosciuto.
Gente colta che parla con facilità più lingue (non solo le guide) e conosce bene la sua storia antica e contemporanea, gente tosta che non fa sconti a nessuno, soprattutto agli americani odiati da tutti, ed è stanca di povertà, ma cerca il riscatto nella coscienza collettiva.
Francisco, per esempio, che è uno zapatista, figlio di un uomo che “ha fatto molto per gli indios” e ci ha spiegato il Chiapas e le rivendicazioni dell’esercito autonomo zapatista.
La linea oggettiva, quella della scuola, della sanità, del lavoro, e quella soggettiva, quella della democrazia.Cosa sono, ho chiesto, richieste al governo federale? Proposte? No, mi ha detto, è autorganizzazione, non ci si può fidare dei banditi.
E così girando per le montagne coperte dalla selva e punteggiate di umanità poverissima, stipata in cubetti di foratino e terra battuta, ci ha indicato i muri con la stella rossa, che segnavano i comuni zapatisti autorganizzati. E insieme ci ha mostrato la religiosità esoterica degli indios chapanechi, un sincretismo tra culto della natura e cattolicesimo, quest’ultimo imposto, rielaborato e infine assorbito con icone del tutto stravolte.
E a città del Messico, invece molto cattolica, ho sbarrato gli occhi sul sagrato della cattedrale, di fronte alla gente che, negli abiti buoni per la messa o per la duecentesima processione, si metteva in fila davanti agli sciamani nudi e piumati, sottoponendosi a un rito di purificazione.
Poveri, tutti.
Anche le guide, che credo abbiano un buon lavoro, in senso relativo, ma che accettavano con dignità la nostre mance.
E, mi sembra, tutti con una speranza: il nuovo presidente, eletto a stragrande maggioranza che spezza trent’anni di partito unico al potere e di insostenibile corruzione.
Mi sono informata sul web e ho letto “il nuovo presidente populista”.
Giorgio mi ha spiegato che è stato sindaco di Città del Messico e l’ha resuscitata, con una politica sociale nuova e un’amministrazione del tutto trasparente.
“Populista”, ha detto “è una parola che piace alle destre” e poi ha sganciato il suo solito sorriso.
Buona fortuna Giorgio, Francisco, Martìn, Paulla, l’india imprenditrice che ha aperto la sua casa ai turisti e insieme ad altre sta cambiando il destino delle donne in Chiapas.
Buona fortuna, Messico.
di Sandra Sirianni