Sono tanti i Papi che ha avuto modo di seguire, con la sua consueta acutezza e pacatezza, da quando ha iniziato, nel lontano 1959, la carriera di “vaticanista”, cioè di giornalista che si è dedicato in modo particolare a osservare, analizzare e commentare le vicende del Vaticano e appunto dei vescovi di Roma che si sono succeduti sul soglio pontificio.
Era l’anno in cui fu annunciata da Papa Giovanni XXIII la convocazione del Concilio Vaticano II, durato poi dal 1962 al 1965. Fu così che un giovanissimo Gian Franco Svidercoschi ebbe la possibilità di seguire uno dei momenti più importanti della Chiesa cattolica nell’epoca moderna, continuando fino ai nostri giorni a interessarsi di questo mondo e a spiegarlo ai più.
Proprio grazie all’esperienza di una vita, nel Santuario di Nostra Signora di Fatima, a Soveria Mannelli, Svidecoschi ha potuto sciorinare sapientemente i suoi ricordi, più o meno recenti, facendo rivivere ai tanti presenti alcuni eventi importanti della nostra storia, legati indissolubilmente a quelli della Chiesa.
L’ospite è stato annunciato da don Roberto Tomaino, parroco della città, che ha definito questo incontro come “un sogno che si realizza per chi come me, giovane seminarista, ha avuto modo di meditare a lungo sul libro da lui scritto assieme a Giovanni Paolo II”; e presentato da Antonio Cavallaro, che ha messo in evidenza come “la presenza in questo territorio di una casa editrice come Rubbettino – per la quale Svidercoschi ha recentemente pubblicato il libro Un papa che divide? Le inevitabili contraddizioni di un pontificato rivoluzionario (su Papa Francesco) – consente scambi culturali di alto livello come questo”.
Il vaticanista, con semplicità e competenza, ha quindi affrontato il tema portante dell’incontro: “I Papi e Fatima”, quanto mai adatto al luogo di culto in cui si è tenuto: il santuario dedicato pochi mesi fa a Nostra Signora di Fatima dal Vescovo di Lamezia Terme, Mons. Luigi Cantafora.
Pur ricordando un po’ tutti i Papi che ha avuto modo di incontrare nella sua lunga carriera, Svidercoschi ha voluto concentrare l’attenzione su un anno particolare, il 1978, l’anno dei tre Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, Papa Wojtila, con cui ha avuto rapporti molto stretti di collaborazione.
A tal proposito, ha detto “40 anni fa moriva Giovanni Paolo I dopo soli 33 giorni di pontificato, il tempo di un sorriso, come titolò un giornale dell’epoca. Questo Papa, che poteva apparire come una meteora nella storia millenaria della Chiesa, ha lasciato un segno importante ed è stato determinante per la nomina di Wojtyla, il Papa polacco, il primo non italiano dopo 456 anni, che sarà seguito da un tedesco e un argentino”. E Wojtyla proseguì il progetto di una Chiesa diversa, che il suo predecessore ebbe il tempo solo di abbozzare, fin dal momento della sua nomina, quando, contro la prassi e incoraggiato dal boato della folla, volle tenere subito un breve discorso, quello passato alla storia per la celebre frase: “se mi sbaglio mi corriggerete”.
Un Papa legato strettamente ai misteri di Fatima, il cui terzo segreto parlava proprio dell’uccisione di “un vescovo vestito di bianco”. E Ali Agca attentò in effetti alla sua vita nel 1981, proprio nel giorno della Memoria della Vergine di Fatima. Ma Wojtyla si salvò perché, come disse poi Papa Ratzinger, “esiste una provvidenza che può cambiare anche la storia”.
La vicinanza con il Vaticano e con i Papi ha consentito a Svidercoschi di immagazzinare ricordi importanti e a volte inaspettatamente divertenti come quello che ha riportato, per averlo appreso dal segretario di Papa Wojtyla: “Un nunzio apostolico di un Paese africano andò a trovarlo a Castel Gandolfo, durante un periodo di convalescenza, seguito al secondo intervento chirurgico reso necessario dalle conseguenze dell’attentato, e continuava a ripetergli che lo trovava proprio bene, talmente bene che gli sembrava stesse ancora meglio rispetto a prima dell’operazione”. E il Papa, con quell’ironia che non gli faceva difetto, gli rispose: “Eccellenza, ma allora perché non si fa operare anche lei?”.
di Raffaele Cardamone