di Antonio De Fazio –
Riprendere, rivisitare, ricompattare le opere e la figura dell’abate Gioacchino da Fiore, significa riportare alla luce la figura enigmatica di un personaggio che ha dominato la scena spirituale e politica della seconda metà del XII Secolo.
Quindi non solo il ruolo svolto dal profeta Gioacchino, ma anche il contesto culturale e sopratutto politico del periodo in cui visse.
Ci troviamo negli ultimi secoli del Medioevo, nel periodo delle crociate in Terra Santa.
Il mondo cristiano aveva riacquistato fiducia, si assiste al rilancio dell’economia, alla conquista di nuove terre, ed una nuova ricchezza economica si affaccia sugli stati europei. Gioacchino da Fiore visse in questo periodo turbolento, ma le sue doti profetiche ed una visione innovativa della religione cristiana lo rendono un personaggio che riesce ad equilibrare il potere temporale con quello spirituale.
Infatti la maggior parte dei terreni donati all’Abbazia Santa Maria di Corazzo di Carlopoli, sono proprio di questo periodo, e Gioacchino riuscì a dare una tale ricchezza economica a Corazzo, che la resero una delle abbazie più ricche del meridione. Nello stesso periodo la chiesa abbaziale si dota di un numero impressionante di reliquie, molte delle quali donate da re e imperatori che ne accrebbero il prestigio.
Sarebbe molto interessante iniziare una serie di scavi archeologici a Corazzo, per riportare alla luce le fondamenta della primordiale abbazia, quella in cui visse l’abate Gioacchino.
In questo modo si avrebbe il confronto con la realtà materiale del periodo in cui soggiornò a Corazzo.
I materiali che rivedrebbero la luce si metterebbero a confronto e ad interagire oltre che con il suo pensiero affisso sulle pagine dei suoi libri, anche con una cultura materiale che ci darebbe un numero impressionante di risposte che altrimenti rimangono sotto forma di punti interrogativi.