La foto di Antonio Renda mi ha fatto subito tornare alla mente un bellissimo film documentario di Franco Piavoli, “Il pianeta azzurro” del 1981. È un film inusuale quanto straordinario, che ha la particolarità di essere, senza vie di mezzo, o completamente sconosciuto, come ai più, o capace di segnare un immaginario negli anni a venire, come ai meno, tra cui io.
È un film che racconta il rapporto tra Uomo e natura nell’arco di un giorno, dall’alba a una nuova alba. Ma si tratta di un giorno simbolico, in cui sono contemplate l’alternarsi delle stagioni e persino l’evoluzione ultramillenaria del pianeta.
Il film, magnetico e poetico, ha anche di contorno una storia davvero straordinaria. Silvano Agosti, cineasta e produttore indipendente, aveva visto e apprezzato un breve documentario dal titolo “Le stagioni” che in qualche modo lo anticipava, lo conteneva in nuce. Così volle diventare il produttore di un’opera più compiuta, concedendo all’autore, oltre agli strumenti per realizzarla (la macchina da presa Arriflex 35mm e la moviola), anche la più grande libertà espressiva e realizzativa.
Ne è venuto fuori un capolavoro indiscusso del cinema italiano, naturalmente all’inizio incompreso. Ma Agosti non si arrese alle difficoltà di distribuzione e arrivò fino al punto di rilevare lui stesso un cinema a Roma, che chiamò Azzurro Scipioni, in cui ebbe modo di programmare per anni “Il pianeta azzurro”, assieme a molti altri film d’autore che normalmente trovavano poco spazio nelle altre sale cittadine.
Ma, dopo questa lunga digressione, torniamo alla foto in cui spicca un elemento in realtà piccolissimo nel contesto dell’immagine: una finestra che lascia trapelare la luce calda di una lampada.
Certo, è ben visibile anche, e proprio in primo piano, un prato d’erba secca frammisto a qualche ciuffo verde che ancora resiste, e poi gli alberi dalle forme flessuose, quasi delle sculture naturali che la natura ci offre, la nebbiolina tenue che nasconde e svela nello stesso tempo il paesaggio circostante, la sagoma imponente del monte Reventino che tutto domina.
Nonostante questa ricchezza di segni iconici, il nostro sguardo è però magneticamente attratto da quella finestra che sembra aperta nella natura e contemporaneamente verso di essa. Una natura imperante, che nasconde quasi completamente la facciata di una casupola di campagna che c’è di sicuro ma che si può solo intuire, segno di una presenza umana discreta e rispettosa. Proprio come nel film di Franco Piavoli, in cui l’Uomo e la natura convivono e condividono da pacifici alleati lo stesso trascorrere del tempo e le stesse atmosfere magiche.
L’autore della foto, nel presentarla, come un novello Piavoli, apre nuovi capitoli e indaga nuove emozioni: «Nella foto si sente il respiro della terra, si vede la finestra che abbiamo immaginato ascoltando i racconti sulle streghe e chissà cos’altro ancora.» Facendo riferimento al nostro immaginario collettivo che vuole il monte Reventino e le sue falde abitati, appunto, ora da fate e ora da streghe.
Prendendo spunto dalla foto di Antonio Renda, andiamo tutti a vedere o rivedere, per chi lo avesse già fatto, il film di Franco Piavoli. E magari immaginiamolo come girato nel nostro paesaggio di campagna, non troppo dissimile dal suo. Se non vi fidate del mio giudizio, fidatevi almeno di quello del grande regista Andrej Tarkovskij, che ne ebbe a dire: «Il pianeta azzurro. Poema, viaggio, concerto sulla natura, l’universo, la vita. Un’immagine diversa da quella sempre vista.»
di Raffaele Cardamone
In basso, la foto realizzata da Antonio Renda:
Foto di Antonio Renda (Fototeca della Calabria)