Due sono le cose che i popoli d’Europa devono chiedere a gran voce secondo Giulio Tremonti: il divieto dell’uso da parte delle banche del risparmio dei cittadini per le speculazioni finanziarie, tornando così a prima degli anni novanta quando ciò in effetti era proibito, e il divieto dei cosiddetti “derivati”, altri strumenti finanziari che sono stati definiti senza mezzi termini “una follia”.
Giulio Tremonti, ex ministro della Repubblica ed economista di grido, ha parlato per oltre un’ora all’attento pubblico presente presso la biblioteca “Michele Caligiuri” della Fondazione Italia Domani di Soveria Mannelli.
Prima introdotto dal sindaco Leonardo Sirianni, che lo ha ringraziato per la sua presenza nel nostro comune, e poi dal vicesindaco Mario Caligiuri, che ha ricordato quanto egli sia stato capace, nella sua attività politica e nei suoi scritti, di anticipare eventi che si sono poi puntualmente verificati, come gli effetti negativi della globalizzazione sull’Europa; infine, dall’editore e consigliere comunale Florindo Rubbettino, che lo ha descritto brevemente come un personaggio che ha saputo “esercitare un pensiero laterale che è sempre stato utile” e che ci ha fatto capire meglio le rivoluzioni che sono avvenute negli ultimi vent’anni, tra cui l’arrivo delle povertà che fino a poco tempo fa consideravamo lontane dall’occidente.
Il pretesto dell’incontro, durante il quale sono stati in realtà affrontati temi politici ed economici a trecentosessanta gradi, è stato quello della presentazione dell’ultimo libro di Giulio Tremonti: “Mundus Furiosus” (Mondadori), che è poi il nome con cui nel ‘500 veniva chiamata l’Europa; in un’epoca di grandi stravolgimenti dell’ordine costituito, con la quale è possibile azzardare non pochi parallelismi con il mondo di oggi.
Se pensiamo, infatti, che appena vent’anni fa non c’era internet, non c’era l’euro e non c’era la globalizzazione, si può intuire quanto anche i nostri tempi siano sottoposti a sconvolgimenti epocali.
A questo proposito, Tremonti ha elencato cinque fattori di crisi: le migrazioni, la degenerazione della finanza, la rivoluzione digitale, il crescendo dei conflitti nel mondo e la crisi generale dell’Europa, spiegandone le cause e le possibili soluzioni.
Sulle migrazioni ha raccontato come alla Biennale di Venezia sia stata presentata un’installazione costituita da un grande tavolo con sopra tanti disegni di bambini del mondo meno sviluppato: tutti che riproducevano le immagini del nostro benessere. Quindi è così che siamo percepiti e questo non fa che spingere quei popoli verso l’Europa, oltre alla “follia occidentale di voler esportare la democrazia”. Poi ha parlato della sua proposta, mai approvata, di destinare un punto dell’IVA di tutti i Paesi d’Europa all’Africa e al terzo mondo, per provare ad “aiutarli a casa loro”.
Sulla finanza ha detto che non sono stati rimossi i fattori di crisi ma addirittura moltiplicati. Tra le storture ha rilevato soprattutto il fatto che “i risparmi dei cittadini possano alimentare le speculazioni delle banche”, affermando che le regole in merito devono essere cambiate.
Sulla rivoluzione digitale ha precisato quanto questa “molto più che il telaio meccanico” dell’epoca della rivoluzione industriale “ha rubato lavoro”, ma ha anche modificato la struttura della società: “nella rete si è signori di se stessi, ma si erodono anche le basi della democrazia”.
Sui conflitti mondiali, ha riportato le dichiarazione di Papa Francesco che ha parlato di terza guerra mondiale, aggiungendo soltanto: “spero che sia un’esagerazione”.
Sulla crisi europea, ha individuato i fatti che si sono di recente abbattuti su di essa: l’allargamento (geografico e politico, ma senza i criteri di una vera democrazia), la globalizzazione (percepita inizialmente come un’estensione del mercato europeo, salvo poi rilevare che “non è andata così, perché l’economia europea ha dovuto competere con economie sconosciute” e profondamente diverse), l’euro (“un’esperienza mai fatta nella storia: una moneta senza governo e un governo senza moneta”) e la crisi (“una parola praticamente assente dai trattati europei”, che propugnano un’ideologia positiva e progressiva, facendoci quindi trovare impreparati).
Allo stato attuale, per Tremonti si prospettano tre ipotesi: continuare con l’Europa che c’è (che a suo avviso non ha futuro), tornare agli Stati nazionali del passato (in cui si è “padroni del proprio passato, ma non del presente e del futuro”) o affidarsi a una nuova Europa che provi a occuparsi di poche cose ma serie (come la difesa e la sicurezza) e lasci agli Stati tutto il resto, cioè che non decida più “sul basilico, sul rosmarino e sulla salvia”, che non provi a regolare la vita dei cittadini e le cose più assurde, pubblicando Gazzette Ufficiali di quasi 4000 pagine.
Ma qui ritorna il Tremonti che aveva esordito dicendo: “mi potete accusare di tutto ma non di eccessivo ottimismo”, e che afferma, riferendosi a chi comanda in Europa: “non ho alcuna fiducia in quegli uomini di paglia dentro una scatola di ferro”.
Non è mancata poi una frecciata a Matteo Renzi: “non vi fidate dei politici che parlano in inglese, sono come i potenti che all’epoca del Manzoni parlavano in latino”, e un vero e proprio endorsement a favore del “No” al prossimo Referendum Costituzionale. Questo l’assioma che ci è sembrato più che convincente: “l’80% della legislazione italiana è di derivazione europea, la nuova Costituzione sottoposta a Referendum attribuirebbe al Senato decisioni sull’Europa, quindi non può essere etico un sistema che mette nelle mani dei sindaci e dei consiglieri regionali il destino di un popolo”.
Al termine, Mario Caligiuri ha congedato i presenti citando il Giordano Bruno Guerri che fu per un mese “Assessore al dissolvimento dell’ovvio” del comune di Soveria Mannelli: “la mente va aperta tutta, come un paracadute, ci ripeteva continuamente Guerri, ed è esattamente quello che abbiamo fatto qui, questa sera, in compagnia di Giulio Tremonti”.