Ci voleva un convegno per far parlare dell’ospedale del Reventino e per tentare di far capire alla politica l’importanza della medicina di prossimità. Quella che può salvare vite e prevenire malattie, minimizzando costi sociali di gran lunga superiori, anche in termini economici, rispetto a quelli da affrontare per il mantenimento di strutture sanitarie periferiche.
Un titolo più che simbolico: “La medicina sobria e rispettosa di un piccolo ospedale di montagna” e un parterre importante che ha interessato il livello tecnico-amministrativo, quello politico e quello sanitario, per il convegno che si è tenuto a Soveria Mannelli, presso l’Officina della Cultura e della Creatività.
Il Direttore generale dell’ASP Catanzaro, Giuseppe Perri, assieme ai vertici dirigenziali della stessa ASP e dell’ospedale, ha fatto capire che si intende puntare su un mantenimento, che significa miglioramento, dei servizi esistenti, anche a fronte dei tanti pensionamenti che interesseranno prestissimo molti ruoli sanitari di questo ospedale.
Anche i politici hanno speso parole importanti sull’ospedale e su una visione diversa della sanità calabrese, sancendo di fatto il fallimento del modello commissariale. Ma bisogna anche dire che sono mancate le proposte concrete. A un problema conclamato di cui la politica si deve fare carico, perché riguarda la qualità della vita dei cittadini, sarebbe opportuno rispondere suggerendo delle soluzioni possibili, applicabili, concrete.
Tra i politici, solo il sindaco di Soveria Mannelli Leonardo Sirianni, nella doppia veste di primo cittadino e di ex medico dell’ospedale, ha avuto il coraggio di affermare che “che quello del Reventino non ha mai allungato la lista degli ospedali spreconi ed è una risorsa che non deve andare perduta.” Ammettendo che il rischio c’è e si deve trovare il modo di scongiurarlo. Rivendicando una virtuosità dell’ospedale che non è mai stata riconosciuta dalla politica regionale e che non giustifica i tagli e il ridimensionamento che su di esso si sono abbattuti soprattutto nell’ultimo decennio.
L’organizzatrice del convegno, il primario del reparto di Medicina e Cardiologia Anna Marotta, ha subito fugato ogni dubbio dicendo: “Questo convegno non vuole essere un’operazione nostalgia, perché noi vogliamo guardare al futuro; dobbiamo avere radici da cui partire e ali che, per quanto piccole, ci permettano di volare in alto.” Facendo capire al foltissimo pubblico, fatto di addetti ai lavori ma anche di cittadini, quanto sia necessario un primo presidio sanitario sul territorio, dotato dei mezzi necessari per poter operare in tranquillità e non in continua emergenza.
La dott.ssa Marotta ha poi introdotto i lavori, strutturati in tre successivi simposi che hanno affrontato diversi temi, spinosi quanto d’attualità, riguardanti la medicina ospedaliera: il rapporto medico-paziente, la diagnostica cardiologica e la medicina pediatrica, e hanno visto partecipi un gran numero di medici ed ex medici dell’ospedale, in qualità di moderatori e relatori.
Un bel segnale per il territorio, ma soprattutto per la politica che normalmente bada ai bilanci e ai numeri solo quando c’è da tagliare sulla pelle dei cittadini. Ora c’è da sostituire il personale sanitario che raggiungerà presto il traguardo della pensione, senza farlo rimpiangere nel numero e nelle competenze. Ora c’è da migliorare sul piano tecnologico i servizi diagnostici e di pronto intervento. Ora c’è da decidere quale futuro per questo ospedale, tenendo conto della lezione che ci viene impartita dalle tendenze, pericolosissime, che si vanno affermando, con le persone che ritardano o rinunciano alle cure e che sono spesso in balia della malasanità.
di Raffaele Cardamone